E' qui che è nata l'idea..........

E' qui che è nata l'idea..........
il mio amico dudduzz'

IL VIAGGIATORE

La mia foto
Locorotondo, BARI, Italy
Ho scritto parole che non ho mai avuto il coraggio di dire, ed i pensieri che le hanno generate si vergognano, ho scelto soluzioni che mi hanno violentato, i cui motivi ora mi deridono, ho preferito non dire, perché così facendo ho saturato il mio dolore. La nebbia di Hesse è lo scopo ultimo e la solitudine, la compagna ideale. In un monotono basso e costante rivivo i mie ricordi. Tutti mostrano il lato oscuro, ambivalenza insolita forse, ma criticamente vera. E allora perché……… Sono io a svelare l’anima nera dei santi, e la redenzione degli impuri? Perché trovare sempre l’inghippo, perché la giustificazione è permessa? Perché per voi, volgari ciarlatani, io lo ammetto. Perché per me invece, mi inchiodo in croce……………..

sabato 14 marzo 2009

Dentro.


Ci siamo dentro.......
un mondo di miliardi di segnali,
un mondo in cui il silenzio è ormai un ricordo, un mondo in cui l’andare lenti è ormai illusione.
Questo mondo è così, prendere o lasciare....
e lasciare non può essere la soluzione.
Mondo strano e tragico, mondo solitario in mezzo a tanti, volti che passano e fuggono, come su di un treno in cui ti sporgi, veloce e per questo sconosciuto.

Non c’è tempo per sapere, solo attimi di conoscenza, solo spigolature, colori e forme, sfocate nella velocità dell’attimo, fuggenti nella foga di altro.
Noi semplici spettatori seduti ad una fermata, con il vento dei mezzi che sfrecciano, a tentar invano di mettere ordinati interminabile file di libri, due su e dieci che inevitabilmente cadono.

Così è.

I minuti ti rincorrono come cani affamati di carne, della tua.
Questo mondo, il nostro mondo, un eterno elastico in costante vibrazione, un attimo rallenta e subito dopo uno strappo incredibile, che ti spezza le reni e non ti da tempo di rifiatare.
Che mondo questo mondo,
moderno e comodo certamente, ma tanto crudele quanto ingrato, più per trascuratezza che per indole, più per cecità che per reale voglia persecutoria.
Scrupoli e perdono sono germi da debellare, complicazioni ulteriori di questa macchina già tanto complicata.
Formiche in moto perpetuo, in un ordine che non riconosce la regina, entità unica e finalizzante. Tante regine e tanti re, senza senso e senza scopo se non quello di sopravvivere.
A cosa e a chi non è dato di sapere, ma così fan tutti….

Identità per cosa o per quale intento, comunanza neanche negli affetti se non verso i figli, piccole macchine da guerra inevitabilmente programmate per proseguire la missione.
La missione, sopravvivere o soccombere, genetica e geografica nella scelta.

A lottare per un cellulare o uccidere per un sorso d’acqua sporca e infetta, c’è comunque ferocia nei mezzi.
Più futile è lo scopo più raffinata è la tecnica, si uccide per un paio di scarpe griffate e si uccide per un paio di scarpe.
Cambiano le latitudini, gli sfondi, i paesaggi, il colore della pelle, cambiano le strade, ma…….comunque si uccide.
Invocare la logica, analizzare gli eventi, arrampicarsi su teologia e sociologia, tradurne i contesti per future e futili soluzioni, è compito dei soliti esperti, profeti di superiori conoscenze, tenutari delle verità assolute, prototipi viventi dei condottieri di storica memoria.

Cambiano le paure, non più morte ma povertà, paura di perdere il superfluo, della foto patinata sul giornale, anche locale, di quelli buoni solo da lettiera per uccelli in gabbia, duri anche per pulirsi il culo, dello scanno su cui sedersi al tavolo dei condottieri, pavoni azzoppati senza scopo e senza patria, accomunati dalla paura dell’anonimia, talmente stupidi da pensare di dominare tutti solo per il ruolo, predatori di carta straccia, buoni per “andar a cartoni”.

Vorrei incontrare un uomo,
vorrei incontrare un muto, vorrei si sedesse avanti ai carri armati,
vorrei potesse darti una mano e farti uscire da quella tana, vorrei mi sorridesse,
vorrei che mi stupisse per una carezza gratuita,
vorrei che il mio volto non sia quello di un bambino, ma quello di un vecchio,
vorrei che mi indicasse un luogo dove nascondermi,
dove potermi spogliare nudo e sentire il caldo ed il freddo della natura,
vorrei che mi indicasse il senso,
vorrei trovarti Dio e se anche tu non fossi Lui,
vorrei che ne fossi convinto.
Ti vorrei ancora, come luce di faro, come indicazione certa,
come braccia che mi sorreggono, come lo facesti quando ero incerto nel camminare,
altrettanto incerto ora nel procedere,
tu che mi hai fatto conoscere la sofferenza sulla tua pelle,
tu che mi hai messo al mondo,
Padre mio Padre, con me……” o capitano, mio Capitano….”.

O Capitano! Mio Capitano!
Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida,
ma o cuore! Cuore! Cuore!
O gocce rosse di sangue,là sul ponte dove giace il Capitano,caduto, gelido, morto.
O Capitano! Mio Capitano!
Risorgi, odi le campane;risorgo - per te è issata la bandiera - per te squillano le trombe,
per te fiori e ghirlande ornate di nastri - per te le coste affollate,
te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
ecco Capitano! O amato padre!
Questo braccio sotto il tuo capo!
E' solo un sogno che sul ponte sei caduto, gelido, morto.
Non risponde il mio Capitano,
le sue labbra sono pallide e immobili,non sente il padre il mio braccio,
non ha più energia né volontà,
la nave è all'ancora sana e salva, il suo viaggio concluso,
finito,
la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo,
la meta è raggiunta;
esultate coste,
suonate campane!
Mentre io con funebre passo
percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
caduto, gelido, morto. WALT WHITMAN (1865)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Siediti un attimo e respira.
E nn è una frase scontata, fallo se sei capace.
Siediti.
Silenzio.
Respira.
Ascoltati e respira.
Ci sono giorni in cui non ci accorgiamo di non essere più capaci anche solo di questo apparentemente semplice gesto, che non è nemmeno un gesto è l'assenza di gesti è lasciare che sia.